Bob Edward, un Nobel per amico

Ho avuto la fortuna di conoscere e di lavorare, anche se in modi differenti, con tre persone straordinarie, tre uomini con doti superiori alla media. Carlo Flamigni è il primo che ho conosciuto, ero studente di medicina, è stato quello che più di tutti ha influito sulla mia formazione di medico e sul mio modo di svolgere la professione. Mi ha insegnato la ginecologia, l’endocrinologia e la medicina della riproduzione, il rigore scientifico e l’onestà intellettuale che ogni ricercatore deve avere. Ho ancora il piacere di averlo vicino con i suoi consigli e suggerimenti durante la mia quotidiana attività. Ricardo Asch è stato il secondo, geniale anche lui, sempre avanti, con idee mai scontate o riciclate, pronto a stupirti ogni volta. Mi ha affascinato e insegnato tanto durante l’anno e mezzo in cui sono stato research fellow a Irvine, in California.

Bob Edwards è stato l’ultimo che ho conosciuto: ero tornato dal mio periodo di research fellow e iniziavo il mio percorso di ricercatore, volevo pubblicare i risultati del mio lavoro. Avevo già letto molti lavori di Bob, ma non lo avevo ancora conosciuto e pensavo fosse inavvicinabile, così importante quale era, per un giovane ginecologo quale io ero. A quell’epoca Bob era Editor in chief di “Human Reproduction” e la star assoluta in tutti i convegni di IVF. Io avevo mandato il mio primo lavoro alla rivista sui risultati ottenuti nelle donne sopra i 40 anni con ovodonazione. All’epoca non vi erano in Europa centri che utilizzassero oociti di donatrici giovani a pagamento, ma si utilizzavano oociti donati da donne di età inferiore ai 35 anni che si sottoponevano esse stesse a una IVF. Il lavoro fu accettato e pubblicato, ed evidentemente era rimasto impresso nella mente di Bob visto che, quando ad Amburgo al convegno ESHRE mi presentai per conoscerlo di persona, mi prese sottobraccio e mi portò a sedermi con lui per parlare di quanto fosse straordinario e affascinante dimostrare che l’età degli oociti fosse così importante nella determinazione della gravidanza.

È inutile dire quanto io fossi felice di poter stare a parlare con l’uomo che aveva fatto sì che nascesse Luise Brown. Non potrò mai dimenticare quel giorno. Negli anni seguenti ho continuato a pubblicare su “Human Reproduction” tutta l’esperienza fatta con l’ovodonazione su donne sopra i 40, e anche sopra i 50 anni. Bob era curioso e interessatissimo a capire quali fossero i limiti legati all’età nel portare a termine una gravidanza. Abbiamo fatto lunghe telefonate e lunghissime conversazioni quando ci incontravamo a convegni in giro per il mondo. Non ha mai smesso di meravigliarmi per la sua lucidità, affascinarmi per la sua intelligenza e stupirmi per la sua curiosità per le cose nuove.

Ho avuto l’onore di averlo ospite a due convegni internazionali da me organizzati a Bologna. Ha parlato in tanti convegni, ma io voglio pensare che ai miei sia venuto per stima e amicizia nei miei confronti. Le sue letture ai convegni sono sempre state seguitissime, e tra le più interessanti che si potessero ascoltare. Ricordo ancora con piacere e fierezza quando in ben due annual meetings, uno dell’ASRM e l’altro dell’ESHRE, ha citato e riportato risultati delle mie ricerche: un’emozione fortissima e un estremo piacere per i complimenti dei colleghi italiani che incontravo nei giorni successivi al convegno. Non vi è dubbio che anche questa particolare relazione con Bob mi abbia aiutato a diventare quel medico apprezzato da tanti pazienti che ogni anno ho il piacere e l’onore di aiutare nella ricerca di avere un figlio.

Bob, finito il suo impegno come Editor in chief di “Human Reproduction”, ha fondato RBM online: un’altra dimostrazione, semmai ve ne fosse stato bisogno, della sua lungimiranza. Un giornale – allora fu una rivoluzione – che consentiva di pubblicare i lavori sul web prima che su carta, in poche settimane. È inutile dire che molti erano scettici su questo progetto, che ha invece portato a un’accelerazione della diffusione dei lavori scientifici ed è stato seguito da molte altre riviste. Oggi le riviste su carta servono solo a abbellire le librerie! Anche il congelamento degli oociti lo ha interessato e anche su questo tema mi ha stimolato a proseguire, andare avanti anche se i primi risultati non erano certo entusiasmanti.

Per molti anni mi sono chiesto come mai uno scienziato come lui, che aveva contribuito alla nascita del primo essere umano da IVF, che ha portato gioia a milioni di coppie infertili e la possibilità di vita a tanti bambini che non sarebbero mai nati, non fosse stato ancora insignito del Premio Nobel. La risposta che mi davo era che solo problemi politici o di ordine etico fossero dietro questa ingiustizia; alla fine però Bob ci è riuscito. Da questo suo premio noi tutti, medici della riproduzione, ne abbiamo tratto vantaggio: lavoriamo utilizzando una metodica medica degna del premio Nobel.
Grazie Bob per la tua amicizia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *